martedì 7 ottobre 2008

TRISTEZZA e SOLITUDINE




Ti prende il cuore e poi sale verso il respiro e raggiunge la testa per espletare i suoi meccanismi di confusione, cefalea, nausea e senso di fastidio generale.
Non provi neanche ad allontanarla perché non sai come fare e comunque non pensi di poterci riuscire.
Arriva all’improvviso o dopo tanti o pochi piccoli o grandi preavvisi.
E’ lei, la tristezza, che ti coinvolge e ti riporta ad uno stato di sopravvivenza diverso e pacato. Ti senti diverso e non sai neanche diverso da cosa o da chi. Ti accorgi soltanto che un morso ti attanaglia il torace ed un senso di vuoto dimora sull’addome.
I tratti del viso si adattano a rappresentare quello che ti cova dentro e qualcuno se ne accorge e ti può anche chiedere –Che c’è? Cosa hai?-.
E ci sono tante o poche cose che sai e che non vuoi o non riesci a partecipare.
Hai tanta voglia di capire, di pensare, di spiegarti e vedi che queste intenzioni ti possono far crescere quel senso di non stare bene con te stesso che ti tortura e allora ti rifugi in un stato d’animo che vuole fuggire dagli altri e ti conduce alla solitudine.
Scopri quante risorse ci possono essere in te stesso e approfitti della solitudine per conoscerle e tentare poi di usarle per aiutarti.
Ti accorgi pian piano che si riesce a sopravvivere con la solitudine anche se col passare del tempo la sua permanenza diventa pesante da sopportare e può generare nuova tristezza.
Ed intanto i segni di espressione sul tuo volto diventano definitivamente marcati e la luce dei tuoi occhi sembra non volere più brillare.
Non fare però l’errore di compatirti e di farti compatire. Questo peggiorerebbe il quadro generale della situazione.
Se ci riesci, reagisci. Se vuoi, ce la puoi fare. Se le cause della tua tristezza non sono ineliminabili, ti devi sforzare di ritornare alla gioia e alla serenità.
Si può vivere in solitudine, ma non si deve vivere sempre tristi.

CuorePensante

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